“Per raggiungere un traguardo bisogna sognarlo prima“. Sono state queste le parole di John Elkann, azionista di maggioranza della Juventus, quando gli hanno chiesto di esprimere il suo desiderio calcistico più grande. Una Juventus che “sappi e facci sognare“, per dirla con il congiuntivo fantozziano del fratello Lapo. Questa retorica del sogno potrà anche piacere alla famiglia Elkann, che spera di vincere senza aprire il portafogli, ma senz’altro non fa piacere ad Antonio Conte, l’uomo designato a far crescere, plasmare e far rendere sempre al massimo la Juventus. L’allenatore bianconero ha risposto in modo chiaro ai sogni del rampollo prediletto di casa Agnelli:
«Mi auguro di vincerne tante (di Champions n.d.r.), ho una carriera davanti, ho un percorso da fare. Ci stiamo lavorando. Sognare…l’importante e’ svegliarsi e vedere la realtà, bisogna stare tutti sul pezzo e capire che vincere non e’ facile»
Antonio Conte è senza ombra di dubbio un fattore in più. La Juve dell’ultimo triennio non avrebbe mai raggiunto gli stessi risultati senza la sua guida. Probabilmente la rosa attuale, messa nella mani di un nuovo allenatore (capace, sia ben chiaro) avrebbe ottime chance di vincere ancora in Italia, ma non si può ignorare che questa Juventus sia figlia di quella dell’anno scorso ed anche di quella dell’anno prima.
Quando al tecnico salentino venne affidata la Juve, quella stessa squadra arrivava da due settimi posti che avevano annientato lo spirito vincente juventino più della Serie B. Con soli quattro innesti di qualità come Andrea Pirlo, Stephan Lichtsteiner, Arturo Vidal e Mirko Vucinic riuscì subito a centrare la vittoria dello Scudetto. Arrivò anche qualche comprimario tra lo scetticismo generale, come ad esempio Giaccherini, Estigarribia e Padoin (a gennaio), che comunque sono riusciti a dare il loro contributo quando sono stati chiamati in causa.
Contestualmente Conte ha avviato un processo di metamorfosi per giocatori come Bonucci, Barzagli e Marchisio, diventati rapidamente pilastri inamovibili. E pazienza se qualche volta bisognava accontentarsi di giocatori non di primissima fascia per limiti tecnici e caratteriali come De Ceglie, Elia, Krasic e Borriello. Ci si poteva anche arrangiare. Vincere in campionato è ovviamente più facile che farlo in Europa e non solo perché la Serie A, in generale, non è molto competitiva, ma anche perché in 38 giornate è più facile riuscire a costruire un successo pezzetto dopo pezzetto, avendo anche l’opportunità di rimediare a qualche piccolo errore.
La Champions League è un altro discorso. Elkann può sognarla quanto vuole, ma in campo internazionale non bastano le doti caratteriali della “Juve italiana”. Poi è chiaro che qualche volta capita anche che ad arrivare in finale, o addirittura a vincere, non sia una delle squadre maggiormente accreditate. Di sicuro Conte non avrebbe la certezza di vincere la coppa dalle grandi orecchie neanche in un’altra piazza; troppi i fattori importanti, compresi un pizzico di sfortuna per gli avversari e un pizzico di fortuna in proprio favore.
In Champions ogni anno ci sono 2-3 squadre che sono, potenzialmente, più forti della sfortuna ed anche degli errori arbitrali, e solo loro possono concretamente iniziare la stagione puntando a vincere la coppa. Sono attrezzate al meglio ed hanno anche la famosa mentalità vincente. Negli ultimi 3 anni le squadre costruite per vincere in Champions erano tre: Barcellona, Real Madrid e Bayern Monaco. Dietro di loro c’era (e c’è) un gruppo più nutrito di squadre che hanno i mezzi per lottare, ma che per vincere hanno anche bisogno di un pizzico di fortuna.
In tal senso non può che tornare alla mente il Chelsea di Di Matteo nel 2011, una delle squadre più fortunate di sempre. Gli inglesi ebbero anche dei meriti, questo è indiscutibile, ma in semifinale contro il Barcellona ed in finale contro il Bayern Monaco sono stati assistiti da una fortuna sfacciata, a tratti surreale. Gli è andato davvero tutto per il verso giusto.
Quindi, ricapitolando: Per avere la vittoria della Champions come obiettivo concreto ad inizio stagione, oggi come oggi bisogna chiamarsi Bayern Monaco, Real Madrid o Barcellona. Un buon gruppo di altre squadre però possono lottare e sperare perché nel calcio, fortunatamente, non finisce sempre tutto secondo i pronostici della vigilia.
La Juventus in questi due anni di Champions sotto la gestione Conte non è ancora riuscita ad entrare nel gruppo di quelle che “lottano”, un po’ per inesperienza internazionale dell’attuale rosa e un po’ per quell’antica paura di fallire, consolidatasi con le tre finali perse da Marcello Lippi, che inevitabilmente carica di pressioni eccessive i giocatori. Un po’ il contrario di quello che accade al Milan, anche quando la squadra non è eccezionale. In Champions i rossoneri giocano tranquilli, anzi, danno il meglio perché le pressioni sono positive e caricano tutto l’ambiente.
Le stesse pressioni invece “uccidono” i bianconeri, che in Europa giocano sempre con la paura di sbagliare, riuscendo a dare il massimo solo nelle grandi occasioni (vedi le partite contro il Real Madrid), nelle quali non c’è nulla da perdere.
E’ questo il passo definitivo che dovrebbe compiere la Juventus di Conte; riuscire a costruirsi una mentalità vincente in Europa. L’unico modo per riuscirci è, ovviamente, andare il più avanti possibile in Champions e magari vincere come fece il Chelsea. Conte questo lo ha capito evidentemente, ed è per questo motivo che vuole avere una squadra sempre più competitiva, magari arricchita da qualche giocatore di personalità che è in grado di trascinare gli altri più spaventati oltre uno scoglio che sembra insormontabile.
Non è detto che la Juventus ci riesca in poco tempo, anzi. Ma questo è un altro discorso e molto dipenderà dalla pazienza di Antonio Conte, smanioso di avere tra le mani una squadra che almeno può lottare per vincere in Europa. Una sola cosa è sicura: questa Juventus vincente in Italia è figlia di quella del 2011/2012, che nelle ultime 2-3 giornate tremava al pensiero di sciupare l’occasione di vincere uno Scudetto tanto inaspettato.
Com’è andata a finire tre anni fa lo sanno tutti ormai, anche grazie al Milan di Allegri (che la mentalità vincente l’aveva eccome) che si suicidò in un paio di occasioni, accelerando la metamorfosi avviata da Conte. Nella decisiva partita di Trieste contro il Cagliari a parecchi giocatori della Juve tremavano le gambe, adesso nessun campo della Serie A gli fa più questo effetto. In Europa è un’altra storia per il momento e sembra sempre di vedere la Juvenuts che affrontò Lecce e Cagliari tre anni fa; spaventata ed insicura.
Naturalmente costruirsi una mentalità vincente senza farsi sopraffare da Lecce e Cagliari è più facile che farlo contro Chelsea, Bayern Monaco, Real Madrid etc. Per questo motivo Conte vuole una squadra competitiva; vuole entrare a far parte di quel gruppo di squadre che lottando possono vincere, sapendo benissimo che per entrare nella ristrettissima rosa di quelle che puntano a vincere la Champions ci vogliono anche tanti soldi. Troppi per la Juventus e per il calcio italiano.
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